sabato, 02 dicembre 2023

La libertà non ha pizzo: in 43 hanno denunciato nel reggino

Sono numeri non grandi ma significativi quelli di imprenditori e commercianti, in tutto 43, che a Reggio Calabria hanno denunciato di essere vittime del racket delle estorsioni. Lo ha detto don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, a Reggio Calabria per rilanciare l’iniziativa “ReggioLiberaReggio-La libertà non ha pizzo”, promossa dal movimento sette anni fa. “E’ un percorso che deve crescere – ha aggiunto don Ciotti – e che deve allargarsi. Nel momento in cui la magistratura sta concludendo importanti operazioni contro la ‘ndrangheta è necessario avere più forza e più coraggio dimostrando che il cambiamento è possibile. Sta crescendo il numero delle persone che hanno la forza ed il coraggio di denunciare. Persone che non possono essere lasciate sole. Allora c’è bisogno che le istituzioni accelerino i tempi e le modalità per essere loro più vicine, superando le difficoltà provocate da certi meccanismi burocratici”.

“Al contempo – ha aggiunto – è necessario che i cittadini si assumano maggiormente la loro parte di responsabilità.  Ciò che serve é una rivolta delle coscienze e dei cittadini assieme alle istituzioni serie, quelle impegnate, come la magistratura”. Questo é il tempo della responsabilità. Ognuno è chiamato a fare la propria parte. Occorre sconfiggere la malattia più terribile, quella della rassegnazione e dell’indifferenza. Non ha alcun senso pensare che certe cose non cambieranno mai. Non è vero!”.

“L’adesione di 43 imprenditori all’iniziativa ‘Reggio Libera Reggio – la libertà non ha pizzo’ è incoraggiante – ha aggiunto il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – non si tratta di numeri irrisori, e spero che all’adesione di nuovi imprenditori e commercianti segua anche in concreto una reale partecipazione di queste categorie alla battaglia per la legalità. Perché non basta aderire. É necessario avere anche dei comportamenti coerenti con quella adesione. Così come è importante fare gruppo”.

“Lo Stato – ha proseguito – nell’ambito delle proprie leggi, in materia di estorsione ed usura deve cominciare a pensare anche a riservare una quota degli appalti pubblici agli imprenditori che hanno scelto di denunciare. Bisogna, cioè, invogliare la popolazione, e i circuiti in cui l’impresa viene esercitata, a sostenere chi denuncia”.