L’Enpa di Crotone ha formalmente denunciato l’uccisione – presumibilmente per avvelenamento – di diversi animali nel comune di Mesoraca. Si tratta di animali randagi e cani di proprietà. Lo dichiara in una nota il presidente dell’ente pitagorico, l’avvocato Giuseppe Trocino che ha richiesto anche l’intervento del prefetto “affinché coordini la gestione degli interventi da effettuare e, al contempo, monitori il fenomeno attraverso l’attivazione di un tavolo di coordinamento, nel rispetto di quanto previsto dall’ordinanza ministeriale del 12 luglio 2019”.
Nella denuncia, Trocino fa riferimento ad alcuni episodi registrati: «In particolare, in data 29 gennaio una volontaria del posto ha rinvenuto due cani deceduti “da cui fuoriusciva schiuma bianca dalla bocca, molto probabilmente avvelenati”. La signora ha provveduto a sporgere formale denuncia presso la Stazione dei Carabinieri di Mesoraca in data 30 gennaio 2023. In data odierna (ieri per chi legge ndr) sul profilo Facebook denominato “I randagi di Mesoraca” è stato pubblicato un post che denuncia l’uccisione di altri cani randagi, presumibilmente attraverso l’utilizzo di bocconi avvelenati. Ebbene, non è la prima volta che si verificano nella provincia di Crotone episodi di avvelenamento di cani e gatti randagi. In passato diverse sono state le denunce presentate all’Autorità Giudiziaria per portare alla luce questi atti criminali commessi nei confronti di animali indifesi».
“Il fenomeno degli avvelenamenti – prosegue Trocino nella nota – è un problema di sanità e incolumità pubblica in quanto, oltre a rappresentare un rischio per gli animali domestici e selvatici, comprese le specie in via d’estinzione, costituisce un grave pericolo per l’ambiente e per l’uomo, in particolare per le categorie più a rischio quali i bambini. È ormai risaputo che la disseminazione incontrollata di esche e sostanze tossiche è utilizzata, soprattutto in alcune aree del Paese e in alcuni periodi dell’anno, come strumento doloso per uccidere animali vaganti”.
“Nella provincia di Crotone – dichiara il presidente dell’Enpa – il fenomeno degli avvelenamenti è molto diffuso e si ripete ciclicamente, ciononostante nel corso degli ultimi trenta anni nessun amministratore pubblico è stato perseguito penalmente dalla procura della Repubblica né dalla Corte dei Conti per aver disatteso i precetti normativi e, conseguentemente, arrecato danni alle casse dell’ente amministrato. Eppure, il Ministero della salute, fin dall’emanazione della prima ordinanza nel 2008, ha indicato un percorso per contrastare il fenomeno, definendo anche la tempistica di ciascuna azione. L’ordinanza, prorogata e modificata negli anni, oltre a prevedere l’esplicito divieto di preparare e abbandonare esche e bocconi avvelenati o contenenti sostanze tossiche, individua, infatti, obblighi e compiti per tutti gli attori coinvolti (proprietario dell’animale deceduto, medici veterinari libero professionisti, Sindaco, Servizi veterinari delle ASL territorialmente competenti, Istituti zooprofilattici sperimentali) affinché vengano messe in atto tutte le misure previste. Purtroppo però negli anni si è riscontrata una difformità di applicazione e in alcuni casi la totale disapplicazione della norma (es. gli interventi non sempre sono immediati e le tempistiche non sempre rispettate, ecc.)”.
“Nel 2019 – conclude la nota – è stata emanata una nuova ordinanza, prorogata negli anni successivi, che prevede nuove procedure informatizzate di comunicazione. In tal modo si garantisce un rapido inserimento dei dati, resi immediatamente disponibili per il monitoraggio del fenomeno e la possibilità di verificare la corretta applicazione delle procedure operative conseguenti alla conferma dei casi di avvelenamento. Nel 2023, a distanza di oltre trenta anni dall’emanazione della legge 281 del 1991, gli amministratori locali continuano a violare, impunemente, i precetti normativi emanati dal Legislatore in difesa dei nostri amici animali”.