Il 2023 si conferma l’anno record delle nidificazioni di Caretta caretta nel Mediterraneo Occidentale e in questo quadro la Calabria non fa eccezione. Sono 444 i nidi di tartaruga marina registrati in Italia a chiusura della stagione, il triplo rispetto al 2022 ed il dato più alto di sempre. Sorprendenti anche i risultati della Calabria, con 125 nidi individuati tra le province di Reggio, Cosenza, Crotone e Vibo.
I dati arrivano dal progetto europeo Life Turtlenest, che si occupa di monitoraggio e messa in sicurezza dei siti di ovodeposizione con l’obiettivo di creare una rete internazionale per la tutela dei nidi di Caretta caretta sulle coste mediterranee di Italia, Spagna e Francia. 125, dunque, i nidi individuati in Calabria, per una stima di circa 6mila tartarughine di origine calabrese; che è un dato tutt’altro che secondario se si pensa che le Caretta caretta tornano a nidificare nel luogo in cui sono nate. 52 i nidi trovati in provincia di Reggio Calabria, specie sulla Costa dei Gelsomini; 14 nel Cosentino (soprattutto a Paola, Bonifati, Diamante, Cariati e Santa Maria del Cedro). 9 nel crotonese, concentrate soprattutto nel territorio di Isola di Capo Rizzuto. 2 a Briatico, nel Vibonese. Un grande risultato ottenuto grazie all’impegno delle diverse associazioni presenti sul territorio.
Il surriscaldamento delle acque, legato ai cambiamenti climatici – dicono gli esperti – sta spostando sempre di più l’areale delle tartarughe marine verso il Mediterraneo Occidentale. Tuttavia, le aree di nidificazione spesso coincidono con zone di turismo balneare che, se non opportunatamente gestito, rischia di compromettere la schiusa delle uova. La sfida, dunque, è quella di trovare un compromesso tra attività economiche e salvaguardia della specie, coinvolgendo gli operatori del turismo nelle attività di tutela. “Questa porzione del Mediterraneo – commentano i responsabili del progetto – si conferma un’importante nursery, assumendo quindi un ruolo significativo per la conservazione della Caretta caretta”. Una specie messa a rischio anche dalla bassissima sopravvivenza dei piccoli. Solo un esemplare su mille arriva, infatti, all’età riproduttiva dei 20-25 anni.