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Droga e cellulari tra pannolini, patatine e succhi di frutta nel carcere di Augusta: 11 misure cautelari tra Calabria, Friuli e Sicilia

La droga veniva introdotta grazie alla complicità delle compagne dei detenuti dediti allo spaccio all'interno del carcere
(foto d'archivio)

Un traffico organizzato di sostanze stupefacenti con spaccio di droga nel carcere di Augusta, nel Siracusano, è al centro di un’operazione di guardia di finanza e polizia penitenziaria che hanno eseguito un’ordinanza cautelare personale nei confronti di undici indagati. L’inchiesta, denominata ‘Alcatraz’, è coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania che contesta anche “l’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti”. Il provvedimento è stato eseguito in Sicilia, Calabria e Friuli Venezia Giulia. Portati dentro da detenuti al rientro da permessi premio o nascosti da visitatori in involucri di patatine, pannolini per bambini, succhi di frutta poi cestinati in appositi contenitori dei rifiuti da dove venivano successivamente ‘recuperati’. Entravano così droga e telefonini nel carcere di Augusta, nel Siracusano, secondo l’inchiesta ‘Alcatraz’. L’indagine è stata avviata dopo le dichiarazioni di alcuni detenuti. Secondo la tesi della Procura di Catania, “il sodalizio sarebbe stato promosso, organizzato e coordinato dai detenuti Andrea Marino e Ignazio Ferrante”. Il primo, sostiene l’accusa, “avrebbe impartito dal carcere direttive” a dei complici liberi su “quantitativi, tipologia, prezzi e modalità di pagamento della droga, coordinando le successive fasi di introduzione clandestina e cessione ad altri detenuti”. Il secondo, invece, “avrebbe curato l’approvvigionamento, il confezionamento, il trasporto e l’ingresso dello stupefacente” in carcere grazie alla collaborazione di altri sei complici. A recuperare la droga e i telefonini dai rifiuti in carcere era Ignazio Ferrante, grazie alla sua mansione di addetto alle pulizie, consegnando l’hashish a Marino e Misia. Dalle indagini è emerso che di norma il prezzo di un panetto di hashish si sarebbe aggirato intorno a 1.500-2.000 euro. Il pagamento sarebbe stato assicurato attraverso accreditamenti su diverse carte Postepay nella disponibilità di complici in stato di libertà: Clotilde Maranzano, Valentina Romito, rispettivamente madre e compagna di Ignazio Ferrante, e Angela Palazzotto, compagna di Andrea Marino. Le tre donne sono accusate di essere le addette alla gestione della cassa e alla tenuta della contabilità del denaro. La diversificazione delle carte da ricaricare a titolo di pagamento, ricostruisce la Dda di Catania, sarebbe stata finalizzata anche a evitare incongruenze tra l’esiguo Isee dichiarato e il giro di denaro gestito visto che alcuni degli indagati erano anche percettori del reddito di cittadinanza.

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