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L’EDITORIALE Il Patto per la Città di Nicola Fiorita: occasione storica per la Calabria e per Catanzaro, contro i feudatari della politica!

Il Patto per la Città proposto dal sindaco Nicola Fiorita nei giorni scorsi, peraltro nel corso di uno storico incontro sulla questione “Medicina” e sulla difesa del prestigio e del ruolo del capoluogo di regione, merita un approfondimento. Nicola Fiorita è stato scelto dai suoi concittadini nell’ambito di un evidente progetto di rottura, di cambiamento, di svolta. L’intenzione di tanti che hanno depositato la scheda nell’urna nel giorno del ballottaggio era senz’altro questa. Voglio chiarirlo subito: anche Valerio Donato aveva tutte le caratteristiche personali, professionali e politiche per interpretare la medesima volontà, ma la sua coalizione si è dimostrata, evidentemente, meno attrattiva agli occhi dell’opinione pubblica. Non voglio semplificare, né voglio ignorare le dinamiche prettamente elettorali, le beghe tipiche di una città di provincia e meridionale, le complesse dialettiche interne al centrodestra, gli opportunismi, i tatticismi, le trappole, le incoerenze di qua e di là. Non voglio farmi fagocitare da polemiche inutili, e comunque vecchie. Non voglio generalizzare né ignorare che ogni schieramento è ricco di pregi e di difetti, di persone perbene e di furbacchioni o presunti tali. Mi preme, piuttosto, chiarire pubblicamente che stimo sia Nicola Fiorita, che ho votato e sostenuto, sia Valerio Donato con il quale spero non si siano interrotti positivi percorsi di rigenerazione del tessuto democratico catanzarese, calabrese e nazionale. Io ho solo una consapevolezza, da intellettuale e da lettore attento dei processi storici: la Calabria nell’atavica Questione Meridionale è ormai un caso drammatico a sé, è un tumore in metastasi, è una regione desolata e abbandonata, è una terra in cui il pensiero politico è stata sotterrato, sostituito in prevalenza dall’azione di poteri anche arroganti oltre che privi di progettualità. Inconsistenza progettuale e programmatica, gattopardismo, miopie egoistiche, campanilismi deteriori, gestione del potere fine a se stessa, clientelismi, favoritismi, per finire poi al lobbysmo e alla massomafia hanno preso e prendono troppo spesso il sopravvento rispetto alle atmosfere delle democrazie compiute. Ecco perché la mia fiducia massima è riposta nei magistrati incorruttibili come Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica, che al momento rappresentano la sponda più sicura e credibile per il Popolo che ci ha rimesso sempre, che ha pagato i prezzi più alti a fronte della famelica aggressione alla cosa pubblica. Un’aggressione ragionata e continuata che ha devastato i concetti di meritocrazia, di giustizia sociale, di progresso collettivo. Mio padre Francesco, catanzarese doc, storico prolifico e letterato attento, di ottima scuola, mi ha insegnato che per interpretare i mali di ieri e di oggi della Calabria e di buona parte del Sud occorre riflettere sul concetto di “feudo”. Pensateci bene: la politica calabrese ha dimostrato ampiamente, e lo palesa ancora oggi, che la propria dimensione strutturale è quella del “feudo”. Si riceve o si conquista un mandato diretto e personale dal monarca-protettore a Roma, ci si organizza sul territorio con vassalli, valvassori e valvassini tutti accomunati da una logica che rifiuta concettualmente la virtuosa civiltà dei comuni che il grande studioso e sociologo americano David Putnam, nel suo saggio intitolato “La tradizione civile delle regioni italiane”, individua come il vero spartiacque storico tra Nord e Sud. Venezia, Milano, Bologna, Firenze, Siena, Lucca, Padova sono quel che sono, e ci mandiamo i nostri figli per studiare e trovare lavoro, o ci andiamo anche per curarci o per ammirare la bellezza, perché dall’XI secolo lì trionfò la civiltà dei comuni, mentre al Sud Normanni, Angioini e Spagnoli imposero e allevarono la struttura culturale ed economico-sociale del feudo. Pensate ora a qualche politico calabrese portatore di tanti consensi e riflettete sulla dinamica feudale: una rete di rapporti e voti non ispirata dal perseguimento della crescita collettiva, ma cementata da legami personali. E mi fermo qui. Auspicando che le anomalie, se ci sono, diventino interesse specifico della magistratura. Mi chiedo, chiudendo questa ampia parentesi, se tutta la vicenda della duplicazione di “Medicina” sia riconducibile anch’essa all’ennesimo esempio di visione post-feudale del sistema-Calabria piuttosto che a una capacità di luminosa progettazione del futuro di una regione stanca, frustrata, depressa, sola, mortificata.
Catanzaro ha un vantaggio competitivo non comune: è ricca di personalità che hanno dimostrato tanto nella vita e che possono dare molto ancora anche in una dimensione civile che però pretende impegni coraggiosi, generosi, disinteressati, alti, di respiro. Ma le individualità di spessore non devono rischiare di far prevalere i dissensi piuttosto che la convinta necessità di procedere uniti per disarticolare logiche che sono all’origine di ogni sciagura e di ogni disegno positivo stroncato sul nascere. Le probabili debolezze dell’egocentrismo devono essere ribaltate e trasformate in punti di forza, auspicando una coesione strategica, vera e leale. Come portare a sintesi, sul piano strettamente politico, questo ragionamento? Il Patto per la Città ha una visione meridionalista ed europea, ha contenuti seri integrabili e modulabili, ha presupposti concreti di costruzione attiva di quella speranza di cambiamento che viene sempre calpestata e volutamente umiliata. Un primo segnale dirompente sarebbe quello di partorire, nel Consiglio comunale dedicato alla Questione Medicina, un documento unitario a difesa della Calabria Nuova e non di Catanzaro o di Cosenza o di Reggio. Di una Calabria finalmente madre e non matrigna. Di una Calabria sganciata da lotte di potere assurde, mortificanti, arretrate, vecchie, consumate, indigeste che non partoriranno cose buone né per i cosentini, né per i catanzaresi, né per i reggini. Un documento unitario per ridare nobiltà al ragionamento politico su un’idea di Calabria pensata, democratica, popolare, razionale, giusta, equilibrata, sana, ispirata dalla civiltà dei comuni e non dalla rinchiusura mentale del feudalesimo, dell’omaggio feudale preteso o strisciante. Il Patto per la Città è libertà, è spezzare le catene, è essere illuminati contro l’oscurantismo di un potere cieco e sprezzante. Nicola Fiorita ha il dovere di perseguire questa strada, chiedendo a tutti un momento di chiarezza in un contesto generale evolutosi rapidamente: ci state o non ci state? Senza possibili ricattucci politici di basso profilo, senza possibili trattative sottobanco, senza possibili calcoli improponibili, ma a testa alta, con trasparenza, con condivisione serena di valori forti. E se qualcuno dirà di no, o si farà da parte inventando scuse traballanti, si abbia la determinazione politica di dialogare con l’opinione pubblica, di far comprendere che in gioco non ci sono interessi di parte ma gli interessi di tutti, soprattutto delle nuove generazioni, di quelli che hanno un lavoro precario o sono disoccupati. Perché, lo sappiano i Catanzaresi, i figli di papà si salveranno sempre e comunque. E nessun feudatario potrà mai dare risposte a tutti, ma solo prendere in giro una massa bisognosa di gente e risolvere le pratiche di qualcuno. Il sistema feudale non funziona per definizione, è ammalato sul nascere, è un bluff che avvantaggia solo qualche scagnozzo, che partorisce qualche succulento affare, che elargisce prebende a pochi infeudati, ma non costruisce nulla di buono per la collettività. Catanzaro è di fronte a un appuntamento storico che ha come riferimento la Costituzione Repubblicana: ognuno è chiamato a dare il meglio di sé, senza chiedere, ma dando quel che può dare! Per i feudatari non c’è futuro e i conti si pagano sempre. Ascoltatemi: si pagano sempre! (Massimo Tigani Sava)

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