Quest’ultima tornata elettorale delle regionali ce lo dice chiaro: Nord e Sud Italia sono due realtà economico-sociali sempre più diverse e che, pertanto, richiedono visioni e progetti politici distinti. Il Nord ha essenzialmente il problema di riconvertire e migliorare un tessuto produttivo ancora forte ma che, nel confronto con la globalizzazione dell’economia, ha incontrato difficoltà enormi. Le Regioni del Nord stanno dando sempre più fiducia al centrodestra, in maniera uniforme e consolidata. Non è un caso il voto delle Marche, emblematici il trionfo storico di Luca Zaia in Veneto e la maggioranza assoluta riconosciuta a Giovanni Toti in Liguria. Al Nord il linguaggio dell’efficienza, della lotta alla burocrazia indolente, della riduzione della pressione fiscale, del potenziamento ottimale delle vocazioni dei territori ha presa, convince e si radica ulteriormente.
Da Campania e Puglia è giunto, invece, un segnale opposto. Le due regioni contano assieme circa la metà della popolazione dell’intero Sud. Il Mezzogiorno continua a sprofondare in una questione sociale irrisolta. Emigrazione di massa e disoccupazione insostenibile sono i fenomeni che disegnano la malattia cronica del Sud. A fronte di questo disastro sociale le ricette politiche più classiche e tradizionali (io ritengo anche più arretrate e a lungo andare controproducenti) hanno la meglio perché galleggiano tra statalismo e assistenzialismo, mantengono un sistema nel complesso più “protettivo” per quanto inefficiente e per molti aspetti logoro, alimentando speranze che non guardano certo all’incentivazione massima del lavoro privato e dell’impresa. In questo ragionamento non fa testo l’alternanza continua e strutturale cui si assiste ad esempio in Calabria, dove si vota più “contro” che non “per”, in un quadro complessivo che non si discosta dall’analisi proposta per Campania e Puglia.
Il centrodestra ha un programma politico moderno e funzionale per il Nord, mentre non ha ancora elaborato un progetto convincente per il Sud, tale da affrontare il nodo dirimente di una questione sociale incancrenita e sclerotizzata. Il posto pubblico nel Mezzogiorno è ancora una meta ideale da raggiungere, troppo spesso mediata da politiche clientelari che hanno devastato il sentire sociale: la mancata generalizzata affermazione di princìpi meritocratici pone legittimamente ogni cittadino nella condizione di ambire a una posizione ritenuta di privilegio. Non è la “flat tax” l’argomento che, da solo, può incidere sul Popolo del Sud. Serve elaborare una più complessa proposta di organizzazione della società e dell’economia, che dia sicurezza alle famiglie e ai singoli, che sia credibile e attuabile, che sveli le rovinose bugie che albergano nelle visioni meramente assistenzialistiche. Non si dimentichi che nel Mezzogiorno lo stile di vita di ognuno fa parte del “dna” delle persone e ne condiziona ogni tipo di scelta.
Il rinnovamento radicale della proposta politica del centrodestra al Sud deve viaggiare di pari passo con la selezione di ceti dirigenti adeguati che non siano la fotocopia sbiadita di un originale rivelatosi, ancora una volta, vincente. Idee nuove su gambe credibili!
Massimo Tigani Sava