Avevano capito subito che qualcosa sarebbe andato storto i migranti (si presume 180) che si trovavano a bordo dell’imbarcazione naufragata nella notte tra sabato e domenica sulla spiaggia di Steccato di Cutro. Qualche ora prima dell’impatto che ha distrutto il barcone, infatti, si erano ribellati a causa del ritardo con il quale procedeva il viaggio. Ciò aveva fatto nascere una lite tra alcuni migranti e gli scafisti. È quanto emerge dai racconti dei superstiti fatti alle forze dell’ordine e che sono agli atti del provvedimento del fermo di polizia giudiziaria emesso nei confronti di tre persone. I migranti si lamentavano perché l’imbarcazione non era ancora arrivata a destinazione. Poi la situazione è tornata calma e il viaggio è proseguito fino alla tragedia, per poi provare a vendicarsi di uno di loro una volta arrivati a terra, dimezzati. Il primo scafista, di nazionalità turca, è stato individuato dai carabinieri subito dopo la tragedia. I sopravvissuti sulla spiaggia di Steccato di Cutro hanno iniziato ad aggredire un uomo, in un tentativo di linciaggio. La reazione non ha lasciato dubbi che si trattasse di uno degli scafisti, che avevano condotto oltre 60 persone alla morte. Gli scafisti, tre quelli arrestati fino ad ora, sono arrivati sulla battigia insieme ai sopravvissuti, tra i quali si sono camuffati gli altri due individuati, poi, tra i migranti condotti al Cara di Sant’Anna. I due avevano approfittato della nazionalità pakistana, della quale fanno parte anche altri sopravvissuti, per camuffarsi tra i connazionali e tentare di sfuggire alle forze dell’ordine. Ma sono stati proprio i sopravvissuti ad indicarli come parte dell’equipaggio che li aveva condotti fino a lì.
Si cerca ora un quarto presunto scafista, il cui passaporto turco è stato trovato rotto sulla spiaggia. Dell’uomo non si hanno notizie. Bisognerà stabilire se sia scappato, se sia tra i morti o tra i dispersi. Secondo le ricostruzioni effettuate dagli inquirenti grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, i due turchi erano al timone dell’imbarcazione, mentre i due pakistani si occupavano della gestione dei migranti. I sopravvissuti hanno riferito anche di aver visto la carta nautica degli scafisti, sulla quale era indicata proprio la spiaggia di Steccato di Cutro come punto d’approdo. La ricostruzione degli inquirenti, quindi, è che l’obbiettivo degli scafisti era quello di arrivare proprio nel punto del naufragio di notte, così da poter spiaggiare l’imbarcazione e consentire ai migranti di scendere e allontanarsi dalla spiaggia. Una modalità usata decine di volte dai trafficanti di essere umani per gli sbarchi sulle coste ioniche calabresi.