Dia, militari dello S.C.I.C.O. di Roma e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno eseguito un ulteriore provvedimento ablativo nei confronti dell’imprenditore Antonino Mordà, cl. ’69 – già coinvolto nell’operazione “Energie Pulite” che, nell’ottobre del 2020, aveva portato al sequestro del patrimonio riconducibile a lui, a Antonino Scimone cl. ’75 e Pietro Canale cl. ’79, costituito dall’intero compendio aziendale di 18 imprese/società commerciali sedenti sia in Italia sia all’estero, nonché 18 immobili, 7 automezzi, 1 imbarcazione da diporto, 10 orologi di pregio (Rolex, Paul Picot, Baume & Mercier), disponibilità finanziarie e rapporti bancari/assicurativi, per un valore complessivo stimato in circa 50 milioni di euro. Il sequestro odierno riguarda: 27 orologi di lusso di grandi firme (Rolex, Tudor, Patek Philippe, Cartier, Audemax Piguet ect), un anello con incastonate pietre preziose griffato Nardelli e ben 147mila euro in contanti, in banconote di taglio da 500 e 200 euro, ritenuti di provenienza illecita.
La figura delle persone sopracitate era emersa anche nel corso dell’operazione “Martingala”, condotta nel febbraio 2018 da D.I.A. e Guardia di Finanza di Reggio Calabria con il fermo di 27 persone, ritenute responsabili a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, di beni, di utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale nonché associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni e reati fallimentari nonché con il sequestro di 51 società, 19 immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo di circa 100milioni. In dettaglio, le indagini avevano consentito di accertare l’esistenza di un articolato sodalizio criminale con base a Bianco (RC) e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all’estero, i cui elementi di vertice erano stati identificati in membri delle famiglie Barbaro “I Nigri” di Platì, Nirta “Scalzone” di San Luca ed in Antonio Scimone – principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e vero “regista” delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali – rinviato a giudizio per svariate ipotesi di reato, tra cui concorso esterno in associazione mafiosa, dirigenza di un’associazione finalizzata al riciclaggio ed al reimpiego, nonché all’intestazione fittizia di beni, all’emissione ed utilizzo di fatture false, funzionali ad agevolare l’attività di infiltrazione occulta negli appalti pubblici della ‘ndrangheta, verso la quale era drenate imponenti risorse.
Gli ulteriori accertamenti investigativi a carico di Antonino Mordà – rinviato a giudizio per le ipotesi di reato di associazione di stampo mafioso (per cui è ancora oggi cautelato), trasferimento fraudolento di valori, estorsione, bancarotta, usura e reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche e finanziarie, fattispecie in diversi casi aggravate dall’aver agevolato gli interessi della ‘ndrangheta – hanno permesso di riscontrare la riconducibilità di fatto, in capo al medesimo, di ulteriori beni di lusso e denaro contante, solo formalmente nella disponibilità di prossimi congiunti. Tali risultanze sono confluite in un’ulteriore proposta formulata dalla DDA, accolta mediante l’emissione dell’odierno provvedimento.