Nino Spirlì non è più un caso politico, per quanto grave e serio, è altro. Un “altro” che ognuno può riempire come crede. L’ultima sua performance verbale nel corso del Consiglio regionale tenutosi a Reggio Calabria non può essere commentata se non dicendo che siamo di fronte a un errore della storia. Dalle cronache dei giornalisti che hanno avuto la pazienza di ascoltarlo, si apprende che il facente funzioni avrebbe addirittura ironizzato sulla procedura democratica della chiamata dei cittadini alle urne. Mah! Per caso Spirlì ritiene di trovarsi al decimo piano della Cittadella regionale chissà per quale mandato divino? In effetti un po’ così è. Senza essere stato votato da nessuno, senza essere stato proposto dal gruppo consiliare regionale della Lega che chiedeva altre soluzioni, Spirlì si è trovato all’improvviso vice presidente della Regione Calabria! Matteo Salvini rifletterà di sicuro su questa scelta al momento dei risultati che giungeranno dalle urne alla fine della prossima estate. In verità il leader della Lega aveva ed ha problemi più grossi da affrontare, ma pare che dalla Calabria gli stiano giungendo autorevoli segnali (e non di avversari politici) sulle insoddisfacenti prestazioni di Nino Spirlì, che è arroccato a un decimo piano che pare piacergli troppo. Riempite quell’«altro» come più vi aggrada, ma Nino Spirlì è così entrato nei ben remunerati panni del “governatore”, per quanto facente funzioni, per quanto non eletto, per quanto politicamente isolato, per quanto bombardato di critiche dalla stampa, che non riesce molto probabilmente ad inquadrare la situazione reale. Forse immagina che coincidenze imprevedibili o colpi di fortuna continueranno a tenerlo in piedi?
L’ultimo sproloquio a Palazzo Campanella del facente funzioni, associato alle recenti deprimenti apparizioni su Facebook, dovrebbero indurre l’intera coalizione di centrodestra a proporre all’unanimità, Lega compresa, una Mozione di Sfiducia Politica. Una presa di distanze forte, netta, ferma e decisa da un modo di concepire il ruolo di “facente funzioni” che ha fatto raggiungere un apice negativo alla già enorme crisi della politica calabrese. Rispetto a lui Oliverio è Cavour, Loiero è De Gasperi, Scopelliti è De Gaulle! Spirlì è assolutamente inadatto, sul piano politico, al ruolo che sta svolgendo. Non ne ha le basi. Della gestione del potere, gli ha contestato proprio di recente l’ex magistrato Luigi De Magistris, ha intuito il ruolo centrale delle nomine. Ma Spirlì non ha preso neanche in considerazione che lo stesso potere nasce solo dalla legittimazione popolare che, peraltro, in una democrazia rappresentativa passa certo dal sistema degli eletti (parlamentari, consiglieri regionali, sindaci…), ma anche da una fondamentale e costituzionale “mediazione” a carico di partiti, sindacati e varie forze sociali. Ma c’è di più. Il non raro riferimento di Spirlì alle presunte o reali “direttive” di Matteo Salvini si sta traducendo in un danno politico enorme proprio nei confronti di un leader che aveva promesso una rivoluzione politica al Sud e in Calabria. La gente ormai si chiede: ma è una situazione che davvero è voluta da Matteo Salvini o è Nino Spirlì che lo fa credere? Per tanti è davvero difficile capirlo. Spirlì e qualche suo giovane strettissimo collaboratore amano inviare spesso, via Facebook, messaggi subliminali: siamo a Roma, abbiamo incontrato questo, abbiamo incontrato quello… Lasciano intendere di avere una sorta di ruolo strategico o di “prescelti”, e così facendo scaricano, direttamente o indirettamente, tutte le responsabilità politiche su Roma e su Matteo Salvini che di questo passo a Sud rischia di trovare la sua Waterloo. Ma Salvini molto probabilmente conosce appena il 5% di ciò che si fa, si decide, si firma al decimo piano di Germaneto. In un partito ben strutturato Spirlì dovrebbe ascoltare solo la voce del segretario regionale, oggi Giacomo Saccomanno, che è la sintesi delle istanze della Lega in Calabria. Invece i messaggi subliminali romani, con tanto di poco edificanti “selfie”, mirano a generare altri apparenti scenari: sono io che parlo con Salvini (o magari con Andrea Paganella), che parlo con i vertici, che incontro questo e quello… Sono io, io, io! Sì sono io, solo io! Ma ve li immaginereste voi personalità giganteggianti come Riccardo Misasi, Giacomo Mancini o Marco Minniti andare a Roma e farsi selfie con ministri, viceministri e finanche sottosegretari, o davanti a palazzi vari del potere, e pubblicarli su Facebook? Ma per dire cosa? Per attrarre l’attenzione di chi? Ve li immaginereste Misasi, Mancini o Minniti chiedere in un video su Facebook: cosa mangiate stasera? Io stocco in insalata, e voi?
L’assurda esperienza politica di Nino Spirlì alla guida del Palazzo di Germaneto, che non ha precedenti nella storia del regionalismo italiano, dovrà fare inserire all’ordine del giorno della prossima legislatura una modifica allo Statuto Regionale che preveda, nel caso in cui il Presidente della Regione eletto direttamente dal popolo, com’è accaduto con Jole Santelli, non riesca per vari motivi a proseguire nel proprio incarico, il facente funzioni venga eletto, entro e non oltre 30 giorni, dal Consiglio regionale. Non si può, infatti, affidare per lungo tempo ad una persona qualsiasi, non dotata della necessaria esperienza politica e amministrativa, non investita da mandato popolare diretto, un ruolo tanto delicato, importante, addirittura strategico per le sorti di un’intera popolazione. Un caso che potrebbe finire nei libri di diritto costituzionale. Tra l’altro Spirlì e qualche suo giovane stretto collaboratore evidentemente non comprendono che stanno mettendo in scena solo l’ulteriore puntata di un inutile e di fatto cinico valzer politico che va in onda da decenni, sempre con lo stesso schema inconcludente rispetto ai drammi della Calabria, e che non dà prospettive e speranze. E intanto la Calabria agonizza, si impoverisce, si desertifica!
Il centrodestra calabrese ha la necessità assoluta di individuare il proprio autorevole candidato alla presidenza della Regione e di affidare a lui il compito di guidare la coalizione nel rapporto con cittadini ed elettori. Contestualmente, la posizione di Nino Spirlì, facente funzioni, va debitamente relegata ad “incidente politico” della storia calabrese. Incidente che però dovrà essere tenuto in considerazione in futuro. La politica pretende il rispetto di regole scritte e non scritte. Quando le regole non si rispettano, o comunque sono di difficilissima interpretazione, com’è accaduto con la scelta di Nino Spirlì a vice presidente della Regione in quota Lega (perché?), i risultati politici negativi sono presto davanti agli occhi di tutti. Qualora il centrodestra non dovesse alzare subito la propria voce, riprendendo netta autonomia politica rispetto a Spirlì e al suo ristretto entourage, la strada per la vittoria del centrosinistra comincerebbe ad essere più che credibile, attraendo anche consistenti fette di ceti moderati che vogliono una Calabria diversa. Non esiste altro percorso per la possibile rinascita della Calabria che puntare sul Ruolo Alto della Politica.
Matteo Salvini ha altro a cui pensare, ma almeno Andrea Paganella, che pur non avendo alti incarichi di partito nella Lega pare essere attento a quanto accade al Sud e in Calabria, potrebbe intervenire e dire la sua. Perché si tollera che la Lega in Calabria debba essere additata come la responsabile dell’inaccettabile e impresentabile performance politica di Nino Spirlì? Nella risposta a questo “perché” c’è molto probabilmente la verità. E le verità, prima o poi, vengono a galla! Infine una battuta, perché nel dramma conviene comunque sorridere. Se il Sud e la Calabria dovessero diventare la Waterloo di Matteo Salvini, la punizione politica sia tremenda: a Sant’Elena venga confinato con Nino Spirlì, per l’eternita! E per contrappasso dantesco si svegli e si corichi, ogni giorno, con la voce nervosetta del “facente funzioni” all’orecchio: Matteo, Matteo, Matteo! (n. ed.)