Nicola Gratteri, Procuratore distrettuale a Catanzaro, è stato conciso e istituzionale nel commentare l’ondata di condanne e anni di carcere che ha caratterizzato la conclusione del rito abbreviato per 91 degli imputati di Rinascita Scott. Il Gup Claudio Paris ha comminato pene detentive molto pesanti, dai quasi 9 anni ai 20, nei confronti di 41 soggetti accusati di reati gravi. E si tenga presente che con il rito abbreviato le pene vengono ridotte di un terzo. In totale i condannati sono stati 70, 2 le prescrizioni, 19 le assoluzioni. Non siamo alla Cassazione, e quindi alle sentenze definitive, ma questa prima tappa processuale ha un significato davvero importante. Rinascita Scott è un’inchiesta che ha colpito duramente i clan del Vibonese diventati, negli anni, potenti, ramificati, ricchi, capaci di infettare diversi contesti civili, economici e sociali. Rinascita Scott è riuscita, inoltre, a occuparsi in maniera attenta di un fenomeno preoccupante e crescente, per il quale è stato coniato il neologismo “massomafia”. Quando la ‘ndrangheta, o altri rami della criminalità organizzata, diventano un tutt’uno con certa politica impresentabile, con la massoneria deviata, con gli apparati infedeli dello Stato, con la burocrazia corrotta, allora si parla di “massomafia”, una forma di cancro in metastasi che non si ferma davanti a nulla e che punta alla gestione cinica del potere, a ogni livello. La massomafia è un salto di qualità storico e strategico per una ‘ndrangheta che non si è più accontentata di lucrare sui traffici criminali tradizionali (droga, gioco d’azzardo, armi clandestine, prostituzione, rapimenti…), ma che ha capito di poter svolgere anche un ruolo “politico”, nell’accezione più ampia del termine. Su questo fronte la massoneria deviata è diventata un luogo di congiunzione e di condivisione, tanto meno propenso a usare armi e bombe quanto più capace di infiltrarsi ovunque in cerca di affari e collusioni che riguardano la sfera pubblica (sanità, appalti, finanziamenti europei o statali…), e in grado anche di selezionare gli “amici degli amici” con il voto e le preferenze, con le clientele sistemiche, con un’attività continua di proselitismo che ha sfruttato debolezze, sete di guadagno facile, ambizioni sfrenate, falle e criticità nei gangli vitali delle istituzioni.
Nicola Gratteri, dicevamo, è stato molto sereno nel commentare quella che per lui, i suoi colleghi, le forze dell’ordine impegnate nelle lunghe indagini è stata un’altra battaglia vinta per il bene della collettività. Lo Stato si è dimostrato forte, presente, vigile, autorevole, determinato. Lo Stato non ha abbandonato il territorio del Vibonese, infestato oltre ogni limite di sostenibilità, né il resto della Calabria in cui la ‘ndrangheta ha immaginato di poter spadroneggiare. «Questa sentenza – ha osservato il Procuratore della Repubblica di Catanzaro – dimostra pienamente il contenuto e il corpo del capo d’imputazione. Ritengo che il lavoro della Procura sia stato confermato alla grande, soprattutto perché moltissime delle 19 assoluzioni sono posizioni marginali, di non rilievo. La struttura associativa ha retto completamente. Questa è ovvio che è una base importante, questa sentenza verrà senz’altro depositata e si chiederà che venga acquisita come documento nel processo che si sta celebrando, sempre in questa aula, con rito ordinario. Andiamo avanti con il nostro lavoro, con serenità, con tranquillità e con la fermezza che serve per un processo così importante». Nessun tono enfatico, nessuna voglia di levarsi possibili sassolini dalle scarpe. Qualche critica strumentale e ripetuta avrebbe meritato ben altri toni, taglienti e sferzanti, ma è stato meglio così: far parlare i fatti a fronte delle chiacchiere non documentate.
Nicola Gratteri e diversi altri coraggiosi magistrati, in tutta la Calabria, stanno colpendo duramente la ‘ndrangheta e i suoi traballanti alleati. Questo lavoro incessante genera tanta preoccupazione in coloro i quali avevano immaginato che lo Stato avesse dimenticato questa sfortunata terra, consegnandola alla protervia del crimine organizzato e della massomafia che si è ritenuta onnipotente e imbattibile. Calcoli sbagliati: arrivano le prime sentenze e, soprattutto, le indagini proseguono anche perché cresce il numero di coloro i quali hanno voglia di spiegare, di collaborare, di voltare pagina, consapevoli che dello Stato ci si può fidare. Ecco perché, almeno in alcuni casi, qualcuno tenterà ancora di arrampicarsi sugli specchi pur di montare critiche ad alzo zero sapientemente costruite, argomentate e veicolate: ora, però, meglio stare zitti, accusare il colpo senza piegarsi troppo e cercare di limitare i danni di tipo mediatico. Perché il popolo capisce e come capisce!
Un’ultima considerazione merita il silenzio quasi assoluto, almeno fino ad ora, di politica, organizzazioni di categoria, forze sociali, nonché di parte della grande stampa. Una consapevole valutazione corale, sentita e motivata, avrebbe dovuto accompagnare questa tappa vittoriosa, sempre nel pieno rispetto dello Stato di diritto, dei diversi gradi di giudizio, degli imputati che possono confrontarsi con giudici terzi. I rumorosi silenzi, come le parole, hanno sempre un senso. Ne riparleremo a breve!
Rinascita Scott, Nicola Gratteri e lo Stato che sta vincendo contro la ‘ndrangheta. I rumorosi silenzi!
