Che paese è diventato questo? Che futuro si prepara per l’Italia se le riforme non si fanno, gli investimenti scarseggiano, il merito non ha cittadinanza e non c’è spazio per i cervelli migliori? Da Lamezia Terme arriva la desolante notizia delle dieci lettere di licenziamento inviate a psicologi, assistenti sociali, infermieri ed informatici del centro di Neurogenetica per i quali questo è l’ultimo mese di lavoro. Dal primo marzo per loro non ci sarà posto, e questo significa che le attività del centro rallenteranno ulteriormente. Il motivo dei licenziamenti risiede nel fatto che la collaborazione tra l’associazione per la ricerca neurogenetica ed il centro dopo 23 anni è arrivata al capolinea per mancanza, anzi, per il prosciugamento delle risorse. Dal 2007, la Regione Calabria ha garantito la copertura delle spese del centro con un fondo annuale di 500 mila euro, ma nel tourbillon di direttori generali e commissari la legittimità del fondo è stata messa in discussione, fino al puntuale epilogo dei mancati rimborsi, preannunciato dal rimpallo di responsabilità che è tipico della politica quando intende prendere le distanze da qualcosa. Il guaio è che quel qualcosa è un fiore all’occhiello della sanità calabrese, un centro di ricerca avanzata che garantisce prestazioni di altissimo livello nel settore delle malattie neurodegenerative, specie ai malati del morbo di Alzheimer. Per un po’, l’associazione è andata avanti con le anticipazioni di cassa sperando che prima o poi una soluzione si trovasse, ma quando di mezzo c’è la burocrazia il lieto fine è quasi sempre negato. Per spiegare il motivo della penosa decisione di procedere ai licenziamenti il presidente dell’associazione per la ricerca neurogenetica, Antonio Laganà, ha convocato una conferenza-stampa in cui ha detto che il lavoro del centro non si ferma, ma che impedire che prosegua come finora è accaduto è delittuoso: per esempio, rischia di andare in fumo lo straordinario lavoro di catalogazione ed archiviazione della dottoressa Amalia Bruni, 6 mila campioni di persone malate ed una banca dati che conta ben 150 mila soggetti.