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VIDEO | Presentato a Crotone “L’alveare assopito”, l’ultimo libro di Angela Caccia

Presenti l'arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Giuseppe Caiazzo, ed il parroco, don Lino Leto

Poco meno di un anno fa, dopo tre quarti di secolo, anche l’Europa ha riscoperto l’atrocità della guerra di cui percepiva solo echi lontani. Da allora, ha ripreso ad avvertire la pace come necessità di cui l’umanità ha impellenza e che, paradossalmente, fatica a raggiungere. Poeti e scrittori hanno sempre contribuito, con parole e versi, a provare a rendere accettabile l’esistenza anche nei momenti peggiori, da Rodari a Trilussa, da Quasimodo a Primo Levi tra gli italiani, e poi Brecht, Carrera Andrade, Prevert, Talil Sorek. La musica, la poesia, la letteratura, come stiamo osservando in Iran, sono la cinghia di trasmissione di ogni processo che, stimolando le coscienze, può consentire di avviare quella pacificazione che non solo sembra remota, ma addirittura non tutti si sforzano, per vili calcoli, di perseguire. Poesia per la pace è anche quella dell’autrice crotonese Angela Caccia la cui ultima raccolta, ‘L’alveare assopito’, è stata presentata presso la Parrocchia di San Paolo, nel quartiere Tufolo, a Crotone, presenti l’arcivescovo di Matera-Irsina, monsignor Giuseppe Caiazzo, ed il parroco, don Lino Leto. Nel volume, pubblicato da Fara Editore, l’autrice affronta i suoi travagli mediandoli coi ricordi, la natura, gli affetti, l’esperienza personale: l’alveare è il mondo, l’assopimento è quello degli uomini, frenetici e disillusi, quasi fossero inconsapevoli che la pace non è la semplice assenza di guerra, ma educazione alla solidarietà, alla compassione, alla collaborazione, redistribuzione equa di risorse e ricchezza, attività all’interno della comunità, vigilanza sulle questioni internazionali, risoluzione dei conflitti. Ma, cupezza del momento storico a parte, la visione di Angela Caccia non è disfattista, anzi: alle spalle del tavolo ai piedi dell’Altare, la culla di quel Bambinello che, una volta adulto, nel discorso alla montagna citato dal Vangelo di Matteo, chiama beati proprio gli operatori di pace, categoria nella quale i poeti sono da considerare annoverati di diritto.

Francesco Sibilla

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