È stato un intervento unico nel suo genere per la nostra regione; un esempio virtuoso dei risultati che si possono raggiungere se si riesce a camminare insieme in un’unica direzione. Il luogo è il promontorio Lacinio, poco a sud di Crotone. Qui, a Capocolonna, sorgeva il maestoso santuario dedicato ad Hera Lacinia; ma anche tutta una serie di altri edifici, di epoca prima greca e poi romana, che oggi fanno parte del Parco archeologico.
Quando nel 2020 un terribile nubifragio provocò alcune fratture nella falesia subito dietro l’attuale santuario della Madonna di Capocolonna, si decise di intervenire con lavori di somma urgenza a protezione della chiesetta e dei resti archeologici di epoca romana che si trovano proprio sul ciglio est della falesia. Prima, però, di posizionare in mare i massi deputati a proteggere la parete dalle mareggiate, furono effettuate una serie di ricerche e prospezioni subacquee di carattere archeologico e naturalistico. A queste è poi seguito il recupero di parti di strutture murarie e di un blocco rettangolare, soglia di una domus romana del I° secolo a.C., che negli anni ’50 erano precipitati in mare ai piedi della falesia.
Delicatissime le operazioni di recupero, per il particolare posizionamento dei blocchi ma anche perché alcuni dei reperti erano lesionati. Sul posto, tra gli altri, il funzionario archeologo subacqueo Alessandra Ghelli.
Dopo averli imbracati con grande circospezione, i reperti sono stati sollevati con una gru e posizionati su una chiatta. Un lavoro durato giorni, e compiuto con i reparti di specialità dei Carabinieri, il nucleo Carabinieri subacquei di Messina ed il nucleo Tpc di Cosenza. I resti recuperati ora si trovano al museo archeologico di Capocolonna, temporaneamente disposti nell’aiuola di fronte all’ingresso della struttura in attesa di essere sottoposti a restauro conservativo. Il passo successivo sarà la messa in sicurezza dell’intera falesia da parte della Regione Calabria.